sabato 31 maggio 2014

L COME ALICE@Teatro Studio Uno: i difficili giochi linguistici dell’Inconscio

Un testo surreale e difficile: potremmo sintetizzare così “L come Alice”, in scena fino al 1 giugno al Teatro Studio Uno. In realtà è molto di più: è un brillante tentativo di mescolare le suggestioni vittoriane del romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò ” di Lewis Carroll (nella rielaborazione che ne fece il commediografo Antonin Artaud), con la video arte, in una chiave davvero accattivante. Concettuosa a tratti e densa di richiami filosofici-linguistici al filosofo Deleuze, ma anche estremamente divertente.

Lo spettacolo, che non si affida ad una trama specifica, riprende le suggestioni del cosiddetto “Teatro della crudeltà” ideato da Artaud nel quale gesti, luci e musica e testo si fondono senza far prevalere la trama sul resto. La sceneggiatura richiama spesso i nonsense e gli acrostici e i giochi di parole di Carrol (“Da sogni avvinte, le giornate ormai trascorse da sogni avvinte, le estati sono scorse”). L’epoca vittoriana viene letta in una chiave steampunk, ovvero mescolando gli elementi ottocenteschi (a partire dagli abiti della protagonista, estremamente curati), all'arredamento e alle suppellettili, con tecnologie decisamente più moderne. Questa crasi è straniante, a tratti fuorviante ma è anche il punto nevralgico di questo spettacolo, quello più delicato.

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giovedì 22 maggio 2014

ROMEO AND JULIET POST SCRIPTUM@Teatro Orologio: l'Amore indissolubile stretto al polso

In questa versione, Romeo e Giulietta sono dunque vivi hanno deciso di fuggire insieme. Ma prima di partire, i due si smarriscono nelle proprie paure, quelle di due ragazzi contemporanei che un po’ non si trovano, un po’ si desiderano, un po’ vogliono fuggire da un contesto familiare soffocante, un po’ non hanno coraggio, ma si amano, questo sì e pure disperatamente.

Sono queste le premesse dell’opera di Annika Nyman, già presentata anche al Festival dei due Mondi di Spoleto nel 2013 e qui riadattata da Georgia Lepore che ha curato la traduzione del testo in modo attento e preciso, con un gran lavoro di cesello sui termini ed i significati originali. Sulla scena una vibrante Selene Gandini ed un affascinante Giovanni Anzaldo: emozionanti, incisivi, sperduti come due ragazzi di oggi che hanno a che fare con le pulsioni sessuali, con un difficile rapporto coi propri genitori, con la propria rabbia interiore. Con il bisogno di essere salvati dalle proprie paure e debolezze.

Essenziale in questo dialogo di quasi 50 minuti l’alchimia fra i due attori che si squadrano, si accusano, si spingono e si strattonano, infine sfogando sul pavimento - in uno dei momenti più rabbiosi e toccanti- quel disappunto per il fatto di non riuscire davvero a capirsi e salvarsi.

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domenica 18 maggio 2014

IL COLPEVOLE@ Teatro Studio Uno: un omaggio a Tornatore

Si tratta di un giallo godibile che ricalca liberamente l’opera di Tornatore "Una pura formalità" nella storia e nell'ambientazione e rispetta la grande teatralità del conflitto interiore del protagonista, che qui veste i panni di una donna, la profonda e sempre brava Sara Trainelli.

Presente un audiovisivo che proietta immagini legati agli scacchi, la cui simbologia è affine alle modalità di svolgimento dell’interrogatorio, in cui ognuno dei giocatori si arrocca sulle proprie posizioni difensive o di attacco. L’interrogatorio condotto dai due poliziotti è infatti duro e non risparmia anche contatti fisici piuttosto intensi (alcuni dei quali ci hanno fatto “soprassaltare”).

A fine spettacolo ci si chiede se è davvero “Facile uccidere e poi dimenticarsi” e se “le cose sgradevoli sono le più facili da dimenticare”. Certo è che la soluzione di questo intenso giallo sta nella riflessione di fondo su ciò che reale e ciò che non lo è, e sulla capacità dell’animo umano di arroccarsi in una propria realtà, spesso perdendo una drammatica partita a scacchi con la vita.
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venerdì 16 maggio 2014

QUESTO NON È PAESE@Teatro Spazio Uno: un noir sul lato oscuro dell'animo umano

Si tratta di un giallo ben scritto, non cervellotico ma nemmeno scontato: gradevole e dai profili tragicomici, dove ogni battuta ironica e disarmante del bravo Caprara basta a smorzare i toni cupi del noir conferendo loro una certa sarcasticità che non guasta affatto ma anzi dà spessore e pregio all’intera piéce.

All'interno dei primi atti si nota una certa ridondanza nelle metafore letterarie-sportive cui si abbandona il Maestro: una “nota alta” che suggerisce però allo spettatore diverse riflessioni sul mondo dello Sport come metafora di vita, dagli incredibili parallelismi con il mondo della Letteratura e della Poesia.
La Marlon, nel ruolo della fidanzata del giornalista, risulta conturbante anche senza volerlo, statuaria e bellissima si muove leggera sulla scena riempiendola di fascino, come un profumo che non va mai via. Ed è lei il perno involontario di tutto il giallo, la chiave per la via di fuga da un mondo corrotto, la speranza che le nuove generazioni non si lascino incantare dalle lusinghe del potere.

Ma non tutte le lusinghe del potere sono raccolte, ed è significativo che proprio una ragazza straniera e non italiana, lontana dai fasti nostrani e dal passato duro e nient’affatto felice, sia l’unica rappresentate di una rivolta autentica allo status quo, un moto di ribellione spontaneo ai poteri forti, un’intraprendenza che non è la stessa del suo fidanzato giornalista (anche lui affascinato dal successo e preda di facili idealismi.) ma la porta a scegliere la via più difficile, quella più estrema, per ristabilire l’Ordine e la giustizia sociale.

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venerdì 9 maggio 2014

THE WHITE ROOM@Teatro Tordinona: risate fra follia e solitudine

Si tratta di un’opera breve e divertente che lascia molte risate e qualche piccola lacrima nel volto dello spettatore che non si lascia troppo incantare dalle caricature difficili che l’attrice mette in scena.

Il titolo dello spettacolo fa riferimento ad una “white room”, una stanza pensata come un foglio bianco, realizzata inserendo sulla scena dei teli bianchi che disegnano le pareti ideali di una stanza dove prende vita l’estro creativo della Gramaglia, trasformista, comica, incisiva, quasi folle ed eppure terribilmente spassosa.

Quest’opera è infatti in bilico fra il riso e il pensiero. La Gramaglia interpreta dei personaggi che evidentemente le sussurrano delle emozioni contrastanti: le prime cinguettano teatralmente, gridano e si infuriano; l’ultima, Gelsomina, sussurra, è ripetitiva e tragica, come nella maschera felliniana.

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